All’interno della vasta gamma di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. ADR – Alternative Dispute Resolution) figura, tra gli altri, la mediazione familiare.
La mediazione familiare si pone l’obiettivo di assolvere funzioni di supporto psicologico alle persone coinvolte nella crisi familiare, così da ripristinare il dialogo tra le parti ed evitare il conflitto nelle aule di giustizia.
In altre parole, la mediazione familiare serve ad attenuare la conflittualità delle parti coinvolte e a creare un clima più disteso, eliminando tutte le dannose ricadute emotive – e non solo – che possono riversarsi sui figli coinvolti nel conflitto, che molto spesso vengono, anche inconsapevolmente, strumentalizzati dagli stessi genitori nelle dinamiche che caratterizzano la fase di separazione.
Al riguardo, la relazione illustrativa allo schema di decreto attuativo della recente Riforma Cartabia definisce la mediazione familiare come “un percorso di ristrutturazione e rigenerazione della relazione tra le parti, nella difficile transizione tra la relazione affettiva e il mantenimento di quella genitoriale”.
Non si tratta quindi – come spesso erroneamente si pensa – di cercare di riconciliare la coppia, ma piuttosto di raggiungere una buona gestione della conflittualità e riorganizzare i rapporti familiari in funzione del diverso status di separati o divorziati che i genitori assumeranno.
La mediazione non è mai obbligatoria, ma in caso di alta conflittualità tra i genitori può essere caldamente consigliata dal Giudice.
Chi è il mediatore familiare?
Al fine di facilitare il dialogo non sempre agevole tra le parti viene nominato un soggetto ad hoc: il mediatore familiare. Trattasi di un terzo professionista, che svolge la sua opera con strumenti che non sono puramente giuridici, in un contesto che non faccia percepire alle parti la tensione del processo, ma semmai rafforzi in loro la capacità comunicativa e di confronto e con essa il proposito di mettersi d’accordo.
Le coppie interessate possono accedere alla mediazione liberamente, rivolgendosi al mediatore. Quest’ultimo aiuterà la coppia genitoriale a riaprire i canali di comunicazione interrotti dal conflitto, non prendendo mai la difesa di un genitore sull’altro, né schierandosi a favore di uno, e mantenendo equidistanza rispetto a entrambi.
Attraverso una serie di incontri (solitamente 10/11), i genitori verranno aiutati a comunicare efficacemente, a trovare soluzioni realistiche, a stabilire accordi condivisi e duraturi che consentano ai figli di crescere sereni e agli adulti di svolgere responsabilmente il comune compito genitoriale. Va precisato, comunque, che l’accordo viene preso in maniera volontaria dagli interessati, senza influenze particolari da parte del professionista designato.
Per svolgere la professione di mediatore familiare, è necessario aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, Psicologia o Servizio Sociale e aver frequentato uno specifico corso di formazione.
Le fasi della mediazione
- La pre-mediazione: la coppia raccoglie le informazioni necessarie per l’organizzazione del percorso e le sue finalità; il mediatore valuta l’idoneità della coppia e l’aiuta ad analizzare le motivazioni che l’hanno condotta a decidere di separarsi e le implicazioni che questa scelta comporta; verifica se la separazione sia una scelta condivisa da entrambi e, in caso contrario, potrà strutturare qualche incontro per lavorare sulla via migliore da seguire.
- Il contratto: in questa fase si identificano le tematiche da negoziare e si procede alla stipula di un vero e proprio “contratto di mediazione”, necessario perché la coppia si impegni concretamente a collaborare con il mediatore, condividendo presupposti e obiettivi dell’intervento e rispettandone principi e regole.
- La negoziazione: il mediatore esplora i bisogni e gli interessi in conflitto, stimolando ciascuna parte a identificare ogni problema e ad esporre la propria soluzione. Nel discutere i punti di disaccordo, la coppia viene aiutata dal mediatore a vagliare soluzioni alternative, a decidere sul proprio futuro senza rivangare errori passati, a perseguire gli obiettivi comuni cooperando attivamente ed efficacemente. Il vincolo al segreto professionale del professionista aiuta ad affrontare le questioni più intime e delicate senza timori o remore.
- Gli accordi: negoziati i punti in conflitto, il mediatore redige un verbale che la coppia potrà sottoporre all’avvocato affinché ne verifichi la conformità alla legge e lo trasfonda in un ricorso da presentare al magistrato per l’omologazione, facendolo diventare vincolante a tutti gli effetti.
Le novità introdotte dalla recente Riforma Cartabia
Il nuovo art. 473 bis. 10 c.p.c. (rubricato “mediazione familiare”) riconosce in capo al giudice la possibilità di informare “in ogni momento” le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare. Trattasi in ogni caso di un invito che non può pertanto diventare un obbligo.
Non solo, la Riforma è intervenuta anche sulla figura del mediatore familiare inserendo lo stesso tra gli “ausiliari del giudice” e prevedendo l’istituzione, presso ciascun tribunale, di un elenco permanente di mediatori familiari, nonché la possibilità di sottoporre a procedimento disciplinare il mediatore che, con la sua condotta, non abbia ottemperato agli obblighi derivanti dall’incarico ricevuto.
In conclusione
Laddove possibile, la mediazione familiare risulta sempre più auspicabile, essendo uno strumento capace di consentire ai genitori di recuperare consapevolezza del loro ruolo e dell’importanza di assumere in prima persona tutte le scelte che li riguardano e che coinvolgono inevitabilmente i loro figli.
Tuttavia, occorre evidenziare che i punti di un eventuale accordo raggiunto alla fine del percorso di mediazione non è formalmente valido sino a quando non viene depositato, seguendo i requisiti richiesti dalla legge, tramite l’assistenza e il patrocinio di un avvocato, presso il Tribunale competente per ottenerne la relativa omologazione.
Avv. Mirta Cuniberto
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