Negli ultimi vent’anni, la giurisprudenza italiana – riconoscendo la necessità di tutelare i diritti inviolabili della persona anche all’interno della “famiglia”, per anni considerata una sfera riservata alla privacy e dunque estromessa alle comuni regole della responsabilità civile – ha elaborato il concetto di “danno endofamiliare”.
Nozione e presupposti del danno endofamiliare
Alla luce della rinnovata consapevolezza che i doveri in capo ai coniugi e ai genitori hanno natura giuridica vera e propria, è disceso che la loro violazione, ove produca un danno ingiusto che cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e, quindi, dare luogo al risarcimento del c.d. danno endofamiliare (art. 2059 c.c.).
Ciò premesso, pare opportuno evidenziare che non sempre e non tutte le condotte contrarie ai doveri familiari poste in essere all’interno dei nuclei familiari, da parte di uno dei suoi membri nei confronti di un altro, configurano un illecito endofamiliare; ben potrebbe accadere, infatti, che vi siano i presupposti per addebitare la separazione ad uno dei due coniugi, ma non sussistano invece quelli per configurare un risarcimento derivante da illecito endofamiliare.
Modalità di quantificazione del danno endofamiliare
La quantificazione del danno endofamiliare avviene principalmente attraverso un’analisi caso per caso, utilizzando come riferimento le Tabelle di Milano (uno strumento elaborato dal Tribunale di Milano per uniformare la valutazione e il risarcimento del danno non patrimoniale a livello nazionale), le quali offrono parametri utili per tradurre questi aspetti in un risarcimento economico proporzionato. Nella quantificazione si considera il c.d. danno morale, legato alla sofferenza psicologica, e il danno relazionale, che riguarda invece la compromissione dei legami familiari.
Alcuni esempi di illecito endofamiliare
Tra le ipotesi in cui è configurabile un illecito endofamiliare – ferma la necessità di dimostrare il nesso causale tra l’evento lesivo e il pregiudizio subito – vi rientrano:
- Il mancato riconoscimento di paternità, in caso di consapevolezza (del padre) della procreazione.
- La deprivazione per i figli della figura genitoriale, a causa del comportamento consapevole e colposo del genitore. La mancanza di supporto, nel corso del tempo, deve ritenersi tale da non aver consentito al figlio un percorso di vita e di crescita qualitativamente differente rispetto a quello che avrebbe potuto avere, dovendo per l’effetto ritenersi privato di diverse attività realizzatrici della persona che avrebbero potuto favorire la sua crescita psico-fisica.
- L’abbandono del figlio minore, protrattosi senza soluzione di continuità dopo i diciotto mesi di vita del bambino, alla luce delle conseguenze dannose cagionate dalla condotta del genitore nei confronti del figlio sia in punto sofferenza ingiusta (turbamento interiore), perché privato della figura genitoriale, sia in ordine alla sua evoluzione fisio-psichica.
Alla luce di quanto sopra esposto, in tali fattispecie è importante una prima analisi approfondita delle circostanze di fatto, così da valutare con uno/una dei professionisti dello Studio se ci siano gli estremi per ottenere il risarcimento del danno subito.
Avv. Mirta Cuniberto
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