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L’enigma dei congiunti e dei legami affettivi stabili: chi potremo incontrare dal 4 maggio?

Secondo il mito, Omero interrogò l’oracolo di Apollo per sapere chi fossero i suoi genitori e quale fosse la sua patria. Il dio rispose con un enigma e Omero cadde preda della disperazione per non essere riuscito ad interpretarlo. Allo stesso modo noi cittadini italiani ci chiediamo chi siano i “congiunti” che potremo incontrare dal 4 maggio. La risposta fornita dal Governo, così come i successivi recenti chiarimenti, è un enigma nell’enigma.

L’ultimo decreto emesso per fronteggiare l’emergenza Covid-19 il 26 aprile 2020, applicabile dal 4 al 17 maggio 2020, ha generato infatti una serie di dubbi interpretativi, tra i quali sicuramente la corretta interpretazione della nozione di “congiunti”, laddove dispone che “sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti”.

Chi sono quindi le persone – o congiunti – cui potremo fare visita da oggi?

Lo scorso 2 maggio sono stati diffusi i chiarimenti governativi (le cosiddette FAQ, acronimo di Frequently Asked Questions) secondo cui la dizione ‘congiunti’ può indirettamente ricavarsi dalle norme sulla parentela ed affinità, nonché dalla giurisprudenza in tema di responsabilità civile. Alla luce di questi riferimenti, i ‘congiunti’, cui fa riferimento l’ultimo Decreto del Presidente Conte sono i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini, tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge).

In verità, questo chiarimento non è risolutivo, si tratta di una sciarada intellettuale. Posto che tra i “congiunti” rientrano, oltre alle categorie esplicitamente elencate, le persone con cui intratteniamo “legami affettivi stabili”, come e chi valuterà il criterio della ‘stabilità’ di una relazione?

Il termine “congiunto” corrisponde ad un concetto atecnico, di cui non c’è una precisa definizione nel nostro ordinamento giuridico. Pur presente in centinaia di norme, questa parola è specificata e chiarita solo nel codice penale.

Nell’articolo 307 del codice penale, riguardante il reato – fortunatamente poco comune – dell’assistenza a membri di banda armata, è esclusa la punibilità per chi commette questo reato “in favore di un prossimo congiunto”. Ossia nei confronti di ascendenti e discendenti, del coniuge o unito civile dello stesso sesso, di fratelli, sorelle e affini nello stesso grado (purchè il coniuge sia in vita), zii e nipoti. L’articolo stabilisce che la definizione riportata vale “ai fini della legge penale”, e dunque non è risolutiva ai fini del problema che qui trattiamo. Una definizione simile è presente nell’articolo 649 del codice penale, che escludeva la punibilità per determinati reati commessi “a danno di congiunti”.

Le norme citate, oltre ad essere riferite alla sfera del diritto penale, riguardano in parte un contesto sociale non più attuale: la Corte Costituzionale nel 2015 aveva già evidenziato infatti l’avvenuta mutazione della fisionomia della famiglia rispetto ad allora.

Sotto il profilo civilistico, un riferimento utile per ricostruire la nozione di ‘congiunti’ è la definizione di parenti e di affini, presente nel nostro codice civile (artt. 74 e ss. c.c.). In particolare, “parenti” sono coloro che discendono da uno stesso stipite, in linea retta (es. nonni, genitori, figli) od in linea collaterale (ad esempio fratelli e cugini); tale vincolo rileva fino al sesto grado. L’affinità è invece il vincolo tra ciascun coniuge ed i parenti dell’altro.

Il decreto del Presidente Conte, che apre alla cosiddetta “Fase 2″, tuttavia, fa riferimento ai “congiunti” e non solo a “parenti” ed ‘affini’.

Rileva sicuramente, in quanto richiamata nelle cosiddette ‘FAQ’ diffuse dal Governo, la Legge 76/2016 (nota come “legge Cirinnà”) che equipara le parti di un’unione civile ai coniugi, salvo che per determinate norme non richiamate e per la possibilità di adozioni. I ‘conviventi di fatto’, sempre secondo la legge Cirinnà, sono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale. Persone non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Tali soggetti, fino a quando non sono stati espressamente menzionati nei chiarimenti governativi diffusi il 2 maggio, rischiavano di non essere reciprocamente ricompresi nel novero dei “congiunti”. Fortuna loro, spesso essi già convivevano per definizione, non avendo dunque necessità di circolare per incontrarsi.

Nelle norme civilistiche, la nozione di “congiunti” ricorre spesso. Ma non vi è alcuna definizione esplicita: nell’art. 342-ter cod. civ., dedicato agli ordini di protezione contro gli abusi familiari, è previsto che un eventuale divieto di avvicinamento possa essere riferito anche al “domicilio di altri prossimi congiunti”. Ai sensi dell’art. 79 cod. proc. civ. la richiesta di nomina di un curatore speciale può provenire anche dai prossimi congiunti della parte. L’art. 24 lett. e del d.lgs. 196/2003 ricomprende il “prossimo congiunto” tra i legittimati a prestare il consenso al trattamento dei dati personali. Nell’art. 6 d.P.R. 655/1964, in tema di assegnazione di alloggi popolari, si menzionano i “prossimi congiunti” tra i componenti del nucleo familiare. Tali nozioni, specifiche e settoriali, sono tuttavia prive di utilità ai fini dell’individuazione sicura dei soggetti che rientrano nella definizione di “congiunti”.

La scelta terminologica del Governo sembrerebbe istituire gerarchie implicite tra i legami familiari e personali, ed è dunque risultata ambigua e non inclusiva. Come tale potenzialmente incompatibile con l’art. 3 della nostra Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza.

La famiglia mononucleare, infatti, cui sembrano riferirsi i modelli richiamati dai recenti provvedimenti governativi, è una istituzione relativamente recente. Seppure la famiglia “allargata” e la rete di relazioni sociali che contraddistinguono la vita di ogni individuo costituiscano risorse fondamentali, oltre che una forma di vero e proprio welfare, meritevole di riconoscimento.

Sappiamo bene infatti come – specialmente in questo periodo emergenziale – numerose persone sole, soprattutto i più anziani e vulnerabili, abbiano ricevuto sostentamento e cura da persone ad esse non legate da vincoli giuridici né di stabile convivenza.

Deve tenersi conto anche delle famiglie arcobaleno, nelle quali non sempre vi è riconoscimento giuridico dei legami affettivi instaurati. Ed in generale di tutte quelle realtà caratterizzate da solidarietà sociale tra i soggetti che ne fanno parte, e che sembrano essere rimaste escluse.

Un valido strumento interpretativo, al fine di ampliare e precisare la nozione di ‘congiunti’, ci viene dalla giurisprudenza. Per la Corte di Cassazione, infatti,  “prossimi congiunti” sono coloro a cui ci lega “un saldo e duraturo legame affettivo, a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali”.

E per “legami affettivi stabili” cosa si intende?

Ricostruito il concetto di ‘congiunti’, rimane aperto il problema di qualificare i “legami affettivi stabili”. Sarebbe evidentemente impossibile, per noi come per le Autorità di controllo, utilizzare il criterio della “stabilità” del legame affettivo quale parametro per valutare la legittimità dello spostamento. Tale criterio peraltro, già difficile da provare e documentare in sede contenziosa, diverrebbe suscettibile di essere interpretato in modo arbitrario. Privando quindi di significato e di utilità concreta il d.P.C.M. del 26 aprile 2020. In ogni caso, parrebbero essere stati espressamente esclusi gli “amici” dal novero delle persone che è possibile per ora incontrare.

Non potendo risolvere definitivamente l’enigma, non resta che interpretare l’estensione dei concetti di ‘congiunti’ e di ‘legami affettivi stabili’ alla luce della permanente esigenza di mitigare il rischio di contagi. Prima di uscire di casa chiediamoci se la visita alla persona che intendiamo incontrare giustifichi realmente la deroga alle norme emergenziali tutt’ora vigenti.

D’altra parte, come afferma Umberto Eco ne Il Nome della Rosa, “solo nelle scienze matematiche si identificano le cose note per noi e quelle note in modo assoluto”.

Studio Legale Dionisio

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