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Matrimoni misti: cittadinanza del coniuge straniero, separazione e divorzi

Tutto ciò che c’è da sapere sui matrimoni misti, cittadinanza del coniuge straniero, separazione e divorzi.

Quali sono i requisiti richiesti dalla legge italiana?

Per ottenere la cittadinanza in caso di matrimonio con un cittadino italiano, alla luce delle recenti novità, è utile conoscere la normativa sulla cittadinanza prevista dalla Legge n. 91 del 1992, la quale stabilisce all’articolo 5, come il coniuge – straniero o apolide – di un cittadino italiano possa acquistare la cittadinanza qualora sussistano una serie di condizioni:

  1. dopo il matrimonio, lo straniero deve risiedere legalmente per almeno due anni nel territorio della Repubblica ovvero, nell’ipotesi in cui risieda all’estero, siano decorsi tre anni dal matrimonio;
  2. i suddetti termini sono dimezzati nel caso in cui vi siano figli nati o adottati dai coniugi;

L’acquisto della cittadinanza per matrimonio è precluso, ovvero non è possibile, per una serie di cause elencate nell’articolo 6 della citata Legge:

  • la condanna per uno dei delitti contro la personalità dello stato;
  • la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge italiana prevede una pena non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;  
  • la condanna, anche all’estero, purché riconosciuta da una sentenza italiana, ad una pena superiore ad un anno per delitto non politico; 
  • la sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica (fattispecie questa che implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità amministrativa, vale a dire in questo caso il Ministero dell’Interno).

Il c.d. Decreto sicurezza (Decreto Legge n. 113/18, convertito con modifiche dalla L. 132/18) ha apportato una significativa innovazione, introducendo un ulteriore requisito per l’acquisto della cittadinanza italiana.

Colui che propone l’istanza per l’acquisto della cittadinanza deve altresì dimostrare di avere un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del c.d. Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), vale a dire

  • capace di comprendere i punti chiave di ogni argomento;
  • esprimere esperienze ed avvenimenti, speranze ed ambizioni;
  • spiegare di conseguenza le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti di vita.

Secondo la recente legge, tuttavia non è necessario ottenere un certificato che attesti la conoscenza della lingua italiana se il richiedente ha sottoscritto il c.d. accordo di integrazione (previsto all’art. 4-bis del Testo Unico sull’immigrazione).

In cosa consiste?  Si tratta di un percorso di integrazione obbligatoria, contestuale alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, la cui finalità è l’apprendimento della lingua italiana.

Un ultimo requisito è quello reddituale: ciò in quanto con l’acquisto della cittadinanza lo straniero non diventa solo titolare di diritti ma anche destinatario di obblighi, incluso quello della solidarietà economica e della partecipazione alla spesa pubblica, ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione. 

Secondo la norma, il reddito di chi intenda acquistare la cittadinanza non dev’essere inferiore a: 

  • € 8.263, 31 se il richiedente non ha persone a carico (es. figli minorenni);
  • € 11.362,05 se il richiedente ha il coniuge a carico, maggiorato di ulteriori € 516,00 per ogni persona a carico (ad esempio, i figli). 

Ciò detto, il numero dei matrimoni misti in Italia è in misura sempre più crescente. Lo Studio Legale Dionisio si occupa di fornire consulenza a quelle coppie che intendono regolamentare i loro rapporti patrimoniali o a quelle coppie che, a fronte di una crisi, intendono separarsi.

Secondo il Regolamento Europeo n. 2201/2003, in materia di separazione o divorzio di una coppia di cittadini stranieri o di un cittadino italiano e di un cittadino straniero, i tribunali italiani sono competenti se:

  • i coniugi, anche se stranieri, sono residenti in modo abituale in Italia;
  • l’ultima residenza abituale dei coniugi si trovava in Italia, se uno dei due risiede ancora in Italia;
  • il coniuge contro il quale si agisce per la separazione o il divorzio risiede abitualmente in Italia;
  • il coniuge che presenta la domanda di separazione o divorzio risiede abitualmente in Italia da almeno un anno prima della domanda.
  • entrambi i coniugi sono cittadini italiani.

Cos’è la “residenza abituale”?

Il concetto di residenza abituale è inteso come il “luogo in cui l’interessato ha fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi”. Tale concetto si discosta dalla definizione di residenza anagrafica o formale. In altre parole, dal documento d’identità o dal passaporto può risultare che la coppia sia residente in un luogo, ma di fatto abiti stabilmente in un altro luogo. Al fine di stabilire il Giudice competente rileva il luogo dove, concretamente, la coppia vive o ha vissuto in maniera prevalente durante il matrimonio.

Vediamo alcuni esempi di casi pratici:

  • una cittadina italiana presenta una domanda di separazione personale dal marito (cittadino belga), rilevando come non sia facilmente individuabile un luogo prevalente della vita in comune della famiglia, poiché entrambi durante la vita matrimoniale hanno sempre viaggiato a causa del loro lavoro. La coppia ha vissuto insieme in Belgio, ma successivamente si sono separati di fatto e la moglie ha vissuto per lunghi periodi in Italia, dove il figlio si è anche iscritto all’università. In tale caso, considerando che la moglie vive in Italia da oltre un anno e che il figlio da alcuni anni frequenta l’università italiana, è corretto affermare che il principale centro dei rapporti affettivi e umani della moglie sia in Italia e, sarà, pertanto, competente il Giudice italiano, anche se formalmente la signora ha mantenuto la residenza in Belgio.
  • Una coppia, costituita da marito cittadino austriaco e moglie cittadina belga, ha vissuto per oltre dieci anni in Italia, ove ha stabilito la propria residenza abituale. La coppia entra in crisi e si separa, con giudizio instaurato dalla moglie presso il giudice belga. Il marito contesta la competenza del giudice belga, ritenendo competente il giudice italiano. Il marito ha ragione, in quanto il criterio della cittadinanza può essere fatto valere quando i coniugi hanno la medesima cittadinanza, diversamente occorre considerare la residenza abituale della coppia, che per oltre dieci anni è comunque stata l’Italia.

In considerazione della complessità della materia, è opportuno individuare con precisione il Giudice competente a decidere, onde evitare inutili costi e dilatazione delle tempistiche.

Pertanto, lo Studio Dionisio è dunque disponibile per offrire una consulenza sia in materia di matrimoni misti sia per valutare preventivamente il Giudice competente in caso di coniugi con cittadinanze diverse.

Avv. Mirta Cuniberto 

 

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