Il matrimonio comporta a carico dei coniugi gli obblighi reciproci di fedeltà, assistenza morale e materiale, coabitazione, collaborazione e contribuzione ai bisogni della famiglia, così come stabilito dal secondo comma dell’art. 143 del codice civile.
L’obbligo di fedeltà è il primo preso in considerazione dal citato articolo, e riguarda l’intimità dei partners nel suo aspetto più riservato: i coniugi, per rispettare tale obbligo, devono astenersi dall’intrattenere relazioni o atti sessuali extraconiugali o, comunque, dall’allacciare con terzi relazioni talmente intime e personali da apparire, all’esterno, violative del rapporto matrimoniale.
Ciò vuol dire che si ha violazione dell’art. 143 c.c. non solo quando la relazione con estranei si sostanzi in un tradimento, ma anche quando, in considerazione delle modalità con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge (così si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8929/2013).
La violazione, da parte di uno dei coniugi, di uno o più dei doveri coniugali può, astrattamente, condurre all’attivazione di due rimedi che seguono logiche autonome e muovono da presupposti diversi: l’addebito della separazione personale ed il risarcimento del danno.
L’addebito – espressamente disciplinato all’art. 151 c.c. – può essere pronunciato soltanto su domanda del coniuge interessato, e richiede una valutazione approfondita, da parte del giudice, circa la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge: in altre parole, ai fini della pronuncia di addebito della separazione, non è sufficiente la sola violazione dei doveri previsti dall’art. 143 c.c., ma occorre accertare che il matrimonio sia finito a causa della condotta del coniuge che ha violato quel determinato dovere coniugale. Ad esempio, occorre dimostrare che il matrimonio proseguiva serenamente sino a quando uno dei due coniugi ha tradito l’altro e ciò ha comportato la fine della relazione.
La funzione dell’addebito è sanzionatoria: il coniuge a carico del quale l’addebito della separazione viene dichiarato perde il diritto al mantenimento ed i diritti successori nei confronti dell’altro, cioè esce dall’asse ereditario dell’altro coniuge.
Perché, invece, possa sussistere una responsabilità risarcitoria, espressamente prevista dagli artt. 2043 e 2059 c.c., una volta accertata la violazione del dovere di fedeltà, dovrà accertarsi anche la lesione, in conseguenza di detta violazione, di un diritto fondamentale della persona.
Sarà necessario, quindi, provare che la violazione del dovere coniugale ha portato al “coniuge vittima” una sofferenza psichica, tanto da aver creato un danno alla dignità della persona.
Tale eventualità può verificarsi in casi particolari, ove si dimostri che “l’infedeltà, per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona” (Cass. n. 18853/2011).
Nel corso degli anni, inoltre, la giurisprudenza ha individuato ulteriori diritti, e corrispondenti doveri, tra marito e moglie: tra questi va annoverato il dovere di lealtà e correttezza.
Una violazione del suddetto dovere si verifica, ad esempio, quando un coniuge ometta di informare l’altro, ancor prima del matrimonio, delle proprie disfunzioni sessuali – tali da impedire l’assolvimento dell’obbligo coniugale.
In altre parole, il marito che intenzionalmente non riferisce alla futura moglie delle proprie incapacità a compiere l’atto sessuale o a procreare, viola l’obbligo di lealtà e correttezza, in quanto la futura moglie dovrebbe essere informata di una condizione tanto importante, che, se conosciuta, avrebbe potuto indurla a non sposarsi.
In questa circostanza, si ritiene che il marito abbia leso il diritto alla sessualità, in sé e nella proiezione verso la procreazione, che costituisce una dimensione fondamentale della persona ed una delle finalità del matrimonio (Cass. 9801/2005).
Sull’estendibilità dei doveri coniugali ai conviventi, ovvero a coloro che non sono uniti dal matrimonio, è intervenuta una sentenza (Cass. n. 15481/2013) che, collegandosi alla pronuncia della Cassazione appena citata, secondo la quale l’obbligo di lealtà, correttezza e solidarietà è imposto anche nella fase precedente il matrimonio, ha affermato la connessione tra i doveri dei futuri sposi e i doveri dei conviventi, come se la convivenza di fatto fosse equiparabile ad un fidanzamento. Quindi, di fronte alla lesione di un diritto fondamentale, ai fini del risarcimento del danno, non rileva che l’autore e la vittima dell’illecito siano sposati o meno.
Sulla formalizzazione del rapporto di convivenza si richiama l’articolo già pubblicato “La convivenza di fatto dopo la legge del 2016: quali sono i diritti dei conviventi di fatto e cos’è il contratto di convivenza?”.
Pertanto, la violazione del dovere di fedeltà non costituisce di per sé un fatto illecito, bensì lo diventa soltanto laddove, per le modalità con cui il tradimento è consumato, possa dirsi lesiva di un interesse meritevole di tutela dall’ordinamento, quale la salute o la dignità della persona.
Si può tracciare, pertanto, una distinzione tra tradimento “offensivo” e tradimento “semplice”: nel primo la relazione extraconiugale è accompagnata da condotte illecite che possono portare ad ottenere il risarcimento del danno subito, ai sensi dell’art. 2043 c.c., mentre nel secondo caso tali condotte non hanno comportato un’offesa tale alla persona da giustificare la richiesta di un risarcimento.
In conclusione, ai fini di valutare se vi siano i presupposti per ottenere il risarcimento del danno subìto, a causa della violazione da parte del coniuge/partner di uno dei doveri coniugali, è opportuno analizzare concretamente la storia di ciascuna coppia e di ciascun matrimonio, così da individuare le reali cause che hanno comportato la separazione.
A tal fine, il nostro Studio è disponibile a fornire chiarimenti e consulenze in materia, valutando più specificatamente le singole situazioni.
Avv. Mirta Cuniberto
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